Covid-19 e funzioni religiose: il commento del parroco di San Giuliano a Settimo

28 Aprile 20205min3180
Don Massimo Cardoni

Dopo la conferenza stampa di domenica sera del presidente del consiglio Giuseppe Conte, la Cei (la Conferenza Episcopale Italiana, ossia l’assemblea permanente dei vescovi) si è infiammata – anche i porporati si arrabbiano! – perché sperava che il governo facesse “riaprire anche le chiese” in tempi brevi; invece nel decreto dell’esecutivo sulla fase 2 non è contemplata la possibilità dei fedeli di poter partecipare alle messe. È stato anticipato solo un nebuloso allentamento delle restrizioni in tema di funerali: da fare all’aperto con massimo quindici persone. “Apriti cielo!”, è il caso di dire. I vescovi, possiamo così semplificare, hanno lamentato che viene lesa la libertà di culto.

Per fortuna ha provveduto a mettere le cose in chiaro stamani, martedì 28 aprile, papa Francesco, dicendo che “… preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni”. Insomma, un modo garbato per richiamare all’ordine – e più che altro al senso di responsabilità – i suoi vescovi.

Per don Massimo Cardoni, parroco della pieve di San Giuliano a Settimo a Scandicci, «è comprensibile la reazione a caldo della Cei, sebbene sia esagerato affermare che viene lesa la libertà di culto. Il punto è che Conte non è stato chiaro – spiega don Massimo -: avrebbe dovuto anticipare che riguardo alla parte inerente alla religione il governo si sta interfacciando con la Cei, che poi spiegherà ai fedeli come comportarsi. Peraltro da parte del governo è poi arrivata un’integrazione alla conferenza stampa, da cui si percepisce la volontà di trovare un’intesa con la Cei nelle prossime settimane. Dalle parole del premier abbiamo capito solo che l’unica novità è il numero di parenti che possono presenziare ai funerali, quindici; ma – aggiunge Massimo Cardoni – se la funzione religiosa non può tenersi in chiesa non cambia nulla rispetto alla situazione attuale. Insomma, non c’è stata chiarezza. Ecco quindi che stiamo aspettando entro il 4 maggio una nota del vescovo Giuseppe Betori, da cui tutti noi sacerdoti dipendiamo per le direttive, che spieghi cosa cambia per i funerali».

A parte questo, don Massimo concorda pienamente sul fatto di mantenere ancora le misure di contenimento nelle chiese, facendo celebrare le messe “a porte chiuse”: «Dobbiamo essere tutti prudenti e responsabili, perché il virus è ancora in giro», dice. Lui, così come tutti i sacerdoti, celebra le messe da solo con la chiesa chiusa, pregando per tutta la comunità di fedeli; i quali – minimo duecento quelli sempre presenti alle funzioni nella bella chiesa di via della Pieve, in tempi normali – hanno accettato questa situazione con molto senso di responsabilità, seppur con tristezza, racconta il presule. «Ed è aumentata la solidarietà, unita a un maggior senso di comunità», aggiunge.

Don Massimo tiene a ricordare a tutti che il ministero dell’Interno ha comunicato, già una decina di giorni fa, che i fedeli i quali vogliono andare a pregare in chiesa nella propria parrocchia (ricordiamo che le chiese sono aperte tutto il giorno, escluso l’orario in cui il sacerdote celebra la messa, da solo) possono farlo con l’autocertificazione, scrivendo che il motivo dello spostamento da casa è proprio l’andare a pregare in chiesa. Il parroco, peraltro, non ha l’obbligo di controllare che non si creino assembramenti.

Su quanto accaduto giorni fa in un comune in provincia di Cremona, dove i carabinieri, con l’avallo del sindaco, hanno interrotto la messa che il prete stava celebrando alla presenza di alcuni fedeli “imbucati”, Massimo Cardoni dichiara che «è stata una grossa violazione della Costituzione, perché quel sacerdote stava consacrando. Bisognava attendere la fine della funzione e poi semmai comminare tutte le sanzioni del caso. La responsabilità del prete – conclude don Massimo – è stata di non chiudere l’accesso alla chiesa».


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