INCONTRI DI PSICOLOGIA – Il silenzio parla di noi

22 Febbraio 20219min1185
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Silenzio, quell’eco nella mente che tante volte risuona violento e pretenzioso chiedendo attenzione; pausa necessaria al procedere incessante di una vita chiassosa, impegnativa, rumorosa.

E’ quel luogo invisibile in cui trovare rifugio, base sicura per ascoltarsi e ritrovarsi accompagnati dalla melodia dei suoni che circondano le cose e la natura e fanno di noi piccolissime particelle elementari in un universo complesso.

Poeti letterati e artisti di vario genere e in ogni epoca hanno tentato di rappresentare con la loro arte il silenzio. Il compositore Debussy, ad esempio, affermava “la musica è il silenzio fra le note” e citava “quei popoli che appresero la musica con la semplicità con cui si apprende a respirare. Il loro conservatorio è il ritmo eterno del mare, il vento fra le foglie e i mille piccoli rumori percepiti con attenzione”. Sempre in campo musicale, magistrale l’esecuzione del pianista David Tudor che nell’interpretare un’opera di John Cage, dopo essersi seduto al piano estrasse e fece partire un cronometro lasciando la sala nel silenzio prima per trenta secondi, poi per due minuti e ventitrè infine per un minuto e quaranta; nel suo spartito una sola parola: “TACET”. Pensiamo per un istante all’effetto che tale situazione abbia potuto avere sul pubblico di quella platea: forse sorpresa ma anche meraviglia, sbigottimento e perché no? Nervosismo. Pensiamo ai rumori nel silenzio del teatro: sospiri, colpi di tosse, fruscii di pagine del programma sfogliate velocemente per trovare una spiegazione… Ecco questo è un altro degli aspetti del silenzio: la cornice, il contenimento di un’attesa.

La poetessa Alda Merini scriveva “Ho bisogno di silenzio, tanto ho parlato, troppo a lungo, è arrivato il tempo di tacere e di raccogliere i pensieri allegri, tristi, dolci, amari, ce ne sono tanti dentro ognuno di noi…”. Silenzio quale metafora di introspezione, quindi, di dialogo con se stessi; porta verso un mondo intimo e privato che esclude gli altri e ciò che li circonda.

Al pari, l’artista Marina Abramovič in una sua recente performance sedeva immobile invitando lo spettatore a porsi di fronte a lei e a guardarla, occhi negli occhi, per tutto il tempo che avesse voluto con l’unica regola di tacere. Ecco che il silenzio diventava veicolo di emozione per  chi specchiandosi negli occhi dell’altro vedeva se stesso lasciandosi travolgere da mille sentimenti.

Che sia ricercato quale dimensione per porsi in contatto col proprio mondo interno, invocato per richiedere attenzione o interpretato con quanti più strumenti la creatività consenta, il silenzio non solo è parte di noi ma è anche FRA NOI perché alternandosi o sostituendosi alle parole diviene un vero e proprio canale comunicativo che regola e completa rapporti e relazioni.

E’ un linguaggio, dunque, e come tale, si apprende. In che modo?

Beh, potremmo dire che all’inizio è solo un gioco!

Françoise Dolto, psicoanalista e pediatra francese, amava sottolineare come già a sei mesi i bambini trovassero piacere nell’ascoltare, guardare, sentire o osservare e il divertimento derivasse proprio dalle percezioni raccolte stando attenti. I momenti di cosiddetta passività, allora, secondo l’esperta, erano da rispettare, quelli in cui “beati stanno immobili sulla spiaggia o su uno scoglio a contemplare il mare, o in un giardino a guardare le foglie degli alberi, i fiori, gli uccelli, le nubi o ad ascoltare la musica, non sempre musica strumentale ma quella dei rumori della vita”. La Dolto riteneva essenziale per i bambini giocare a stare silenziosi con se stessi e l’ambiente così da impregnarsi dell’atmosfera nella quale si sentivano felici di vivere. Allo stesso modo reputava che l’interesse verso un oggetto poteva acquisire grande importanza dal punto di vista ludico dovuta alla sua manipolazione e contemplazione e ai pensieri che esso suggeriva.

Fondamentali, inoltre, i giochi fra bambini e adulti di riferimento fatti di sorrisi, espressioni facciali, movimenti del capo o altri parti del corpo che assumono l’aspetto di vere e proprie forme comunicative atte a segnalare disponibilità o disinteresse verso l’interazione.

Si tratta di azioni che seguono un certo ritmo in termini di tempo, natura e intensità di stimolazioni cosicché quando il bambino dimostra attenzione verso l’adulto, cercandolo con lo sguardo o fissandolo nel volto, ad esempio, questi cercherà di tenerne viva l’attenzione eseguendo un completo repertorio fatto di gesti o altri movimenti; al contrario, quando il piccolo rivolgerà il suo interesse altrove l’adulto, cercherà di richiamarlo a sé nuovamente iniziando un nuovo ciclo di stimolazioni. Proprio in queste esperienze ludiche a due ritroviamo la regola fondamentale degli scambi sociali e della conversazione: quella dell’alternanza dei turni. Regola che diverrà ancora più evidente con la comparsa del gioco vocale quando il piccolo dopo averli ascoltati sarà in grado di ripetere i suoni dell’adulto modificandoli, però, in termini di durata altezza e intensità.

Questa “sinfonia” tra azioni, parole e silenzi continuerà per tutta la vita permettendo di acquisire sempre maggiore competenza nell’uso ora delle une ora degli altri a seconda della specificità dei rapporti, della natura del dialogo, della cultura di appartenenza e del contesto.

Accade, inoltre, che in alcune circostanze il silenzio si sostituisca completamente alla parola creando quello che potremmo definire un “linguaggio silenzioso” dove per comunicare vengono usati gesti, azioni (ad es. il gesto del bere che oltre a comunicare un bisogno per chi lo fa assume fa anche le veci di una vera e propria frase per chi lo percepisce) e oggetti (il corpo, ad esempio, come nelle performance artistiche, o ciò che lo veste). Perché tutto questo? Perché tutto ciò che agiamo, anche nell’immobilità e nella mancanza di suoni, comunica qualcosa di noi.

Il silenzio ci appartiene, dunque, può essere una possibilità o un obbligo tutto dipende dalla relazione in cui si è immersi, dalla storia di vita e da quel complesso mondo interiore che ci caratterizza, così caotico, pieno di immagini, desideri, paure ed emozioni, che seppure silenzioso, in realtà non tace mai!

Di Lena Vuono, psicologa e psicoterapeuta, PsicologiaFirenze.it

 

Fonti

  1. Baumgartner, Il gioco dei bambini, Roma, Carocci Editore, 2012
  2. Dolto, I problemi dei bambini, Milano, Mondadori Editore, 1996
  3. Giusti, G. Di Naldo, silenzio e solitudine l’integrazione della quiete nel trattamento terapeutico, Roma, Sovera Editori, 2006
  4. Le Breton, sul silenzio fuggire dal rumore del mondo, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2018
  5. Merini Ho bisogno di silenzio

https://spettacolo.periodicodaily.com/la-cultura-del-silenzio/

https://ilbolive.unipd.it/it/news/scienza-arte-silenzio-musica


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