LA CHIESA CATTOLICA OGGI – Nuovi poveri sul territorio

Stavolta pongo l’attenzione sul RAPPORTO CARITAS numero 12 del 2021 che offre una chiara situazione di povertà alimentare in Toscana e nell’area metropolitana fiorentina a causa della pandemia. Una realtà pesante e non risolta, purtroppo! Eccone uno stralcio: per la lettura completa si rimanda a: www.caritasfirenze.it/cosa-facciamo/osservatorio-caritas/
Secondo quanto si legge nel rapporto Irpet, “La Toscana un anno dopo l’epidemia”, pubblicato il 28 aprile 2021 , “gli ultimi mesi hanno lasciato una ferita profonda, nella società e nell’economia toscana, che richiederà tempi lunghi per essere completamente riassorbita. La diffusione del Covid-19 ci consegna infatti, per l’anno passato, uno scenario caratterizzato da una recessione di ampie dimensioni, che solo in parte potrà essere riassorbita dalla ripresa attesa in corso d’anno”. Durante l’ultimo anno sia il sistema produttivo che le famiglie hanno sopportato pesanti costi, che sono stati contenuti entro livelli sostenibili solo grazie ad un ampio ricorso alle leve della finanza pubblica: nel mercato del lavoro, ad esempio, lo straordinario utilizzo della cassa integrazione, associato al blocco di licenziamenti, per il momento ha congelato una situazione che altrimenti avrebbe potuto essere esplosiva in termini di minore occupazione; di conseguenza anche la caduta del reddito, specie a livello familiare, è stata adeguatamente contenuta grazie all’ampio e massiccio utilizzo delle risorse pubbliche. La ricerca prosegue illustrando come il reddito delle famiglie sia calato, nel 2020, del 3,8% (pari circa a 1.650 euro), ma senza le misure di tamponamento contenute nelle decretazioni governative (bonus e indennità categoriali per autonomi, lavoratori dello spettacolo e dello sport, cassa integrazione, nelle sue varie articolazioni, e fondo integrativo salariale, reddito di emergenza), oltre a quelle già vigenti a regime (NASPI e reddito di cittadinanza), la flessione sarebbe stata del 7,8% (pari circa a 3.400 euro). Le misure messe in campo a livello nazionale e regionale, come immaginabile, hanno consentito di arginare anche lo scivolamento nella povertà assoluta dei singoli soggetti: gli individui poveri in senso assoluto, misurati in relazione ai redditi, nel 2020 in Toscana sono stati 121mila, con un incremento rispetto all’anno precedente di 16mila unità, ma sarebbero stati 123mila in più, e quindi pari a 228mila, se non ci fossero state le misure di contrasto per affrontare l’emergenza Covid-19. Tuttavia, nonostante il tamponamento su molti fronti, la recessione ha indebolito nuove fasce della popolazione e la vulnerabilità di una quota sempre crescente di individui e famiglie è in aumento. Nonostante la riduzione del tenore di vita sia inferiore a quanto ci saremmo potuti aspettare dall’andamento del ciclo economico e sebbene l’azione redistributiva dello Stato abbia sostenuto le categorie maggiormente colpite dalle chiusure, si registra un malessere crescente in tutto il Paese e anche nella Regione Toscana. Per quale motivo? Un primo aspetto concerne l’assenza del fattore tempo nella lettura delle statistiche: una cosa è affermare che i poveri sono aumentati di 16mila unità limitandoci a confrontare unicamente una situazione iniziale e una finale; altra cosa è osservare cosa accade durante la comparazione dei due istanti temporali. Tenendo in considerazione cosa è avvenuto durante tutti i mesi, infatti, possiamo osservare che sono transitati nello stato di povertà, per un periodo più o meno lungo, ben 123mila individui in più rispetto al 2019. Il secondo motivo riguarda lo scivolamento verso il basso, nell’ordinamento economico, di una fetta consistente di popolazione. Ipotizziamo di ordinare le famiglie nell’anno 2019, prima che arrivasse la pandemia, in senso crescente in base al reddito e di classificarle successivamente in dieci gruppi ugualmente numerosi, detti decili. Cosa è accaduto nel 2020? Praticamente un quinto della popolazione regionale, quasi 266mila famiglie, è scivolata da un decile superiore di reddito ad almeno uno inferiore: questo significa che 1 toscano ogni 5 è arretrato nell’ordinamento sociale. Per quanto riguarda, invece, la quota di famiglie di 3 individui che è salita ad un decile superiore, questa non supera il 3% (43mila famiglie e 99mila individui). Questi due elementi possono aiutarci a comprendere la quota di “nuovi poveri” che si sono rivolti agli sportelli Caritas ed ai servizi sociali territoriali durante l’ultimo anno e che si sono trovati a vivere situazioni di povertà mai esperite prima.
In questo periodo durissimo risultano attivi circa 90 centri di distribuzione alimentare Caritas aperti sul territorio diocesano. Si stima che ogni mese vengano sostenute circa 4.500 persone (singoli o famiglie). L’erogazione del servizio avviene ogni settimana o ogni 15 giorni (solo in pochi centri mensilmente) pertanto si ipotizza che i pacchi distribuiti siano più di 8.700 al mese. Dalle risposte raccolte grazie ai questionari somministrati emerge che la maggior parte delle persone che accedono al servizio sono famiglie e di queste oltre il 60% dichiara di avere figli a carico; per la maggior parte sono stranieri, ma dopo l’arrivo del Covid-19 sono cresciuti anche gli italiani. Il 95% delle realtà intervistate ha registrato un “incremento” degli utenti sia durante il 2020 che nei primi mesi del 2021. I centri riferiscono che almeno 1 utente su 4 manifesta bisogni relativi al pagamento delle utenze (la principale problematica rilevata), dell’affitto, della ricerca del lavoro, dei pannolini, delle spese scolastiche e in molti casi chiede aiuto per sostenere le spese sanitarie. Questo aspetto ci mostra come la povertà sia spesso un fenomeno articolato, complesso, multidimensionale e che la richiesta del pacco viveri nasconda altre difficoltà della persona o del nucleo familiare delle quali è necessario farsi carico con un approccio integrato e mediate interventi in rete con i servizi sociali e le altre associazioni del territorio. Sono aumentate le “nuove povertà” e tra queste soprattutto le persone che lavoravano a nero oppure che, pur avendo un lavoro prima della pandemia, hanno visto ridurre o interrompere la loro attività: “oltre alle persone “storiche” sono arrivate nuove persone per effetto del Covid-19. Dalle parole di un altro volontario il quadro viene confermato: “prima della pandemia si rivolgevano a noi nuclei familiari con reddito insufficiente al normale mantenimento della vita quotidiana. Questa fascia di utenza si è trovata, a seguito della pandemia, in condizioni ancora peggiori, visto che la tipologia delle occupazioni ante Covid-19, era precaria, occasionale, rivolta soprattutto ai servizi e alla ristorazione. A questa fascia di utenza si sono uniti coloro che, pur essendo prima autosufficienti, si sono trovati senza lavoro e/o cassaintegrati. A tutto ciò si è aggiunta la ripercussione sui costi alimentari delle famiglie provocata dall’assenza delle mense scolastiche”. 18 Sono in aumento le famiglie, molte delle quali con minori a carico, e che manifestano anche necessità legate all’affitto o alle utenze: “con la pandemia tutto è venuto a mancare: le famiglie si trovano in grosse difficoltà per pagare le bollette, gli affitti, per fare la spesa e acquistare medicinali […] durante la pandemia le famiglie italiane erano più presenti a casa e con minore disponibilità di spesa. Ci sono poi famiglie che non hanno alcun reddito, mancano di tutto, non hanno molte probabilità di ricominciare a lavorare e si presentano in vari centri per chiedere aiuto. […] Rispetto al passato abbiamo notato un aumento delle famiglie italiane, probabilmente in seguito alla perdita di lavoro causa pandemia. Sono arrivate anche famiglie giovani e nuove per la perdita del lavoro”. Ed ancora: “i “nuovi” sono famiglie italiane (la maggioranza) monoreddito o cassaintegrati (fascia eta genitori 40-50), in affitto, con figli ancora studenti. Alcune famiglie giovani (30-40) non avendo cultura del risparmio non hanno scorte o poche per affrontare ristrettezze. Comunque tutte definibili “deboli” perché non capaci di gestione anche emotiva oltre che economica delle difficoltà essendo abituati a vivere al momento “ora e subito”. Prima venivano pochi italiani e quasi sempre pensionati rimasti magari vedovi e che da soli non riescono più a pagare le spese ordinarie; ora stiamo avendo quasi la parità numerica con gli stranieri”.
Continua, quindi, la rete di solidarietà alimentare e non solo per le famiglie ancora in notevole difficoltà economica; ogni parrocchia del Vicariato di Scandicci raccoglie alimenti da distribuire alle centinaia di famiglie del territorio comunale. Oppure, si possono fare donazioni in denaro direttamente a Caritas (www.caritasfirenze.it)
don Massimo Cardoni, parroco di S. Giuliano a Settimo