Quote rosa? Molto di più!

8 Marzo 202011min1324
IMMAGINE ARTICOLO DONNE

Nonostante i passi compiuti, la donna, in gran parte del mondo è ancora estremamente lontana dal godere di una effettiva parità dei diritti rispetto all’uomo.

Un dossier del Senato sancisce che nel nostro Paese Le battaglie delle donne non sono ancora finite.

In merito, un primo tema lo fornisce la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo che  all’art. 16 primo comma stabilisce che “Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religion. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio o all’atto del suo scioglimento”. Ed ancora al comma n. 2 dello stesso articolo si legge che il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi: previsione dettata per contrastare una pratica tristemente diffusa ovvero quella di dare in sposa la propria figlia al ‘partito maritale’ reputato migliore senza tenere in considerazione la volontà e l’opinione della futura sposa.

 E proprio sull’assunto ‘Età adatta’ , sul libero e pieno consenso dei futuri coniugi, è opportuno soffermarsi leggendo la storia di Nojoud Ali, raccontata nel libro “Io Nojoud, dieci anni, divorziata” che ha scosso e richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media sul triste fenomeno dei matrimoni forzati. Ci immaginiamo che il fenomeno sia circoscritto in alcune aree del mondo, ma, in realtà, anche in Italia il fenomeno esiste. Non si potrà, infatti, dimenticare il caso della ventenne Hina Saleem che venne uccisa dal padre a Brescia nel 2006 dopo aver rifiutato lo sposo imposto dalla famiglia.

Numerose possono essere le motivazioni, mai giustificate, che portano la famiglia d’origine a costringere la figlia / bambina a sposarsi  ma ciò tuttavia non elude la natura estremamente lesiva di tale obbligo  con le conseguenze gravissime che i  minori subiranno per aver contratto un matrimonio forzato (dal punto di vista formativo, fisico, psicologico). La convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Instanbul del 07 aprile 2011 ratificata dal nostro ordinamento con Legge 27 giugno 2013 n. 77) all’art. n. 37 sancisce che i matrimoni forzati sono forme di violenza da combattere.

Nonostante ciò, secondo Unicef sono circa 12 milioni le spose bambine ogni anno… E ancora molta strada c’è da fare per contrastare definitivamente questo orribile fenomeno.

Passando alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, all’art. 23 viene stabilito che la parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi: parità, dunque, intesa come un dovere.

Nella nostra Costituzione, l’art. 3 statuisce che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla Legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Pertanto l’appartenenza al genere femminile non deve essere fonte di discriminazione ne’ davanti alla legge ne’ in termini di dignità sociale.

Ed ancora l’art. 29 della Carta Costituzionale dispone che Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare” mentre l’art. 37 interviene nel garantire la parità tra uomini e donne nell’ambito lavorativo sancendo che “la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”  e inoltre che “le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre ed al bambino una speciale ed adeguata protezione”. Ma è proprio così? Numerose sono state le manifestazioni, nel mondo del cinema, dello spettacolo, nel mondo dell’imprenditoria femminile che, purtroppo, hanno sottolineato – e tutt’oggi sottolineano – una profonda differenza di retribuzione tra donne e uomini a parità di mansioni senza contare le maggiori difficoltà che una donna, madre, deve affrontare quotidianamente per raggiungere avanzamenti di carriera alla luce di un mondo, quello lavorativo, spesso ancora troppo maschilista (il preconcetto, ancora troppe volte palesato, per il quale se una donna ha dei figli non potrà apportare una giusta attenzione nell’attività lavorativa).

Oltretutto, nell’ambito lavorativo il dato più allarmante è una precarizzazione crescente che ha reso fragili alcune leggi importanti  persistendo pratiche aberranti come le c.d. dimissioni in bianco, senza scordare la scarsità di fondi pubblici per accedere a servizi ed ottenere un posto al nido (se ottenuto il posto sembra di aver vinto alla Lotteria!)

Legislativamente, nel 2011, a tutela delle quote rosa negli organi di amministrazione  e negli organi di controllo delle società quotate, è entrata in vigore la legge “Golfo- Mosca” (l. 120/2011) per la quale gli organi sociali dovranno essere rinnovati riservando una quota pari ad almeno un quinto dei propri membri al genere meno rappresentato: le donne. E le stesse donne, a partire dal secondo e terzo rinnovo degli organi sociali, dovranno essere pari ad almeno un terzo per giungere al 2022 quando la sopra citata legge esaurirà la propria efficacia.

La legge infatti ha una validità temporale ed è entrata in vigore con l’obiettivo di rimuovere gli ostacoli che da sempre sono stati limitativi dell’accesso  delle donne a ruoli di comando e favorendo un processo di rinnovamento culturale a supporto di una maggiore meritocrazia ed opportunità di crescita .

Peraltro, La Legge di Bilancio  2020 ha esteso la Legge “Golfo- Mosca” per ulteriori mandati continuando ad essere garantita la sua applicazione nei Consigli di Amministrazione e Collegi Sindacali di Società quotate.

In riferimento alla vita politica,  l’art. 48 della Costituzione dichiara che sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne che hanno raggiunto la maggiore età”.

Dal punto di vista dell’elettorato passivo  solo nel 1993, con una legge che ha introdotto l’elezione diretta dei sindaci e dei consiglieri comunali, si è previsto una riserva di quote per l’uno e l’altro sesso nelle liste dei candidati alle amministrative. L’accelerazione è arrivata solo negli anni duemila quando il legislatore con diversi interventi ha teso garantire una maggiore presenza femminile nella vita politica del Bel Paese .

Altro tassello fondamentale inerente al riconoscimento dei diritti della donna da parte del nostro ordinamento è stato quello apportato dalla riforma del diritto di famiglia.

Se si è dovuto attendere il 1981 per l’emanazione di una norma che abolisse l’Istituto del Matrimonio riparatore ed il c.d. delitto d’onore che prevedeva  “una sensibile riduzione della pena per chi uccideva coniuge, figlia o sorella in uno stato d’ira al fine di difendere l’onore suo o della famiglia leso a causa di una illegittima relazione carnale della donna” con la stessa riforma, dal c.d. pater familias risalente al diritto romano si è passati al concetto di ‘potestà genitoriale’ e poi al concetto attuale di ‘responsabilità genitoriale”: Da ciò si deduce che non esiste più la supremazia della figura paterna ma, adesso, si parla di responsabilità genitoriale eliminando qualsiasi riferimento a forme di potere e  ponendo al centro la parola ‘genitore’ senza alcuna distinzione tra genere maschile o femminile (… almeno sulla carta!).

Pertanto la donna, moglie e madre, è portatrice di identici diritti e doveri paralleli a quelli del padre.

E ancora, nel 2001 vi è stato un importante intervento legislativo dedicato ai maltrattamenti domestici e nel 2009, con la Legge n. 38 si è introdotto il c.d. reato di stalking.

Solo con il Decreto Legge n. 93 del 2013 (Convertito in Legge 119 del 2013) sono state introdotte “Nuove norme per il contrasto della violenza di genere che hanno l’obiettivo di prevenire il femminicidio e proteggere le vittime”.

Ed infine è dello scorso anno (2019) la Legge n. 69 denominata Codice Rosso , provvedimento che reprime e fornisce una pronta risposta alla violenza di genere modificando la disciplina sostanziale e processuale.

In particolare con l’introduzione del c.d. Codice Rosso  si è introdotta la previsione di una corsia preferenziale per lo svolgimento delle indagini che saranno (o, almeno, dovrebbero essere) più rapide; è inoltre stato introdotto l’inasprimento della pena per reati commessi in contesti familiari o nell’ambito di rapporti di convivenza oltre che l’introduzione dei reati di revenge porn, sfregi al viso e matrimoni forzati con aumenti di pena per reati di violenza sessuale e stalking.

Tuttavia,  Pur essendoci Leggi e disposizioni  normative che dovrebbero tutelare la categoria ancora purtroppo considerata “più debole e vulnerabile”   solo nel corrente anno 2020, in soli due mesi (!) ben 15 sono state  le donne vittime di femminicidio.

Con queste poche righe auspico di essere riuscita a sensibilizzare i lettori sul tema della Tutela delle Donne evidenziando le disposizioni volte a garantire la parità di genere e sottolineando che noi Donne abbiamo e dobbiamo avere la grande forza e la volontà di non piegarci ai maschilismi ed alle discriminazioni.

Abbiamo un immenso potenziale. Non scordiamocelo MAI!

Avv. Chiara Caciolli

 


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