TORREGALLI INFORMA. CHIRURGIA AMICA – Arriva la laparoscopia tridimensionale: innovazione tecnologica al servizio dei pazienti

Presso l’Ospedale San Giovanni di Dio di Torregalli è da poco iniziato il programma di chirurgia tridimensionale grazie alla recente installazione della nuova “colonna” laparoscopica.
La nuova strumentazione (nella foto qua sotto) è costituita da un hardware (colonna), da uno schermo di 55 pollici ad alta definizione, da un paio di occhialini per vedere la tridimensione sullo schermo, oltre naturalmente a una telecamera con due “occhi” e ad un software ad alta definizione che consente oggi ai chirurghi dell’ospedale alle porte di Scandicci di operare con maggior precisione perché determina un orientamento spaziale e una visione della profondità migliorati.
L’evoluzione dello strumentario chirurgico laparoscopico, in associazione all’applicazione sistematica dei protocolli ERAS (Enanched Recovery After Surgery), garantisce un più rapido recupero da parte del paziente, un minor utilizzo di farmaci antidolorifici e quindi una riduzione dei tempi di degenza ospedaliera.
Negli ultimi decenni ciò che ha stravolto l’approccio chirurgico alle patologie benigne e maligne dell’addome è stata la laparoscopia.
Dal greco antico λαπάρα (lapara = addome) e σκοπέω (skopeo = vedere), è un’operazione eseguita nell’addome o nel bacino utilizzando piccole incisioni (di solito 0,5-1,5 cm) con l’aiuto di una telecamera. Inventata all’inizio del XX secolo fu usata prevalentemente in ambito ginecologico fino al 1981 quando Semm, della clinica ginecologica dell’Università di Kiel, in Germania, eseguì la prima appendicectomia laparoscopica. L’evento che però ha segnato un punto di svolta è rappresentato dalla colecistectomia (asportazione della colecisti) laparoscopica eseguita nel settembre del 1985 dal chirurgo tedesco Erich Muhe (1938-2005) e successivamente a Lione nel 1987 dal dott. Philippe Mouret.
In seguito a queste esperienze, altri Paesi si sono avvalsi di questa tecnica chirurgica e gli interventi sono diventati di “routine”. Si è così superato il vecchio dogma: “Grande taglio, grande chirurgo”; ad oggi molti altri interventi vengono effettuati con questa metodica, sia nell’ambito della chirurgia generale che in ambito urologico e ginecologico. Un progresso che ha avuto implicazioni anche di carattere economico per via della notevole richiesta degli strumenti laparoscopici, che sono stati costantemente migliorati, rendendo il loro utilizzo sempre più sicuro, veloce ed efficiente.
L’ultima sfida che si è presentata è stata quella della magnificazione dell’immagine laparoscopica, che ha portato alla progressiva sostituzione dei videolaparoscopi 2D full HD con gli attuali videolaparoscopi 4K e 3D. Indossati gli occhialini 3D ci si rende subito conto di essere di fronte a una grossa rivoluzione in campo biomedico, si ha infatti la percezione di essere tornati indietro nel tempo, quando l’intervento si faceva a “pancia aperta”. La sensazione è quella di essere immersi dentro il corpo umano, nonostante si operi in laparoscopia.
La visione stereoscopica tridimensionale (3D) infatti è fondamentale per eseguire qualsiasi tipo di attività manuale. In letteratura scientifica il confronto tra laparoscopia 2D e 3D dimostra una minor perdita di sangue, una riduzione del tempo operatorio e della degenza ospedaliera, grazie alla migliore percezione della profondità, coordinazione mani-occhi e precisione del chirurgo-operatore. Inoltre i giovani chirurghi sembrano beneficiare particolarmente di questa nuova tecnologia perché è facilitato ed è più rapido il loro training. Tutto ciò comporta una migliore performance chirurgica, che determina un intervento più sicuro per il paziente; la chirurgia mininvasiva risulta così meno dolorosa e gravata da un minor numero di effetti collaterali postoperatori rispetto alla classica chirurgia addominale “open”.
La chirurgia con tecnica laparoscopica coadiuvata dalla visione 3D pone ora la chirurgia del San Giovanni di Dio ai massimi livelli di avanzamento tecnologico e garantisce ai nostri pazienti standard elevati di assistenza e cura.
A cura di A.Anastasi, G.Canonico, L.Capezzuoli
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