INCONTRI DI PSICOLOGIA – La diffusione della responsabilità e l’assassinio di Kitty Genovese

14 Aprile 20215min683
folla

 

(Prima parte)

Siamo in un’azienda di dimensioni medio-grandi e puntualmente, durante il consueto quarto d’ora di pausa, il personale si ritrova a prendere un caffè ai distributori automatici di bevande calde. Qualcuno si lamenta che il caffè preso troppo spesso alle “macchinette” comincia a provocare qualche mal di pancia, un collega risponde che il caffè preso troppo spesso fa male, un altro dice che si possono prendere fino a tre caffè al giorno, in un’ultima opinione si esprime che “è la qualità del caffè di quei distributori che è scarsa”. La discussione si conclude con un “perché non chiamiamo la ditta e facciamo fare un controllo e casomai lo si fa cambiare il caffè, là dentro?”.

Passano i giorni e nessuno telefona alla ditta. Contrariamente a quanto previsto invece, gli stessi continuano a prendere il caffè, chi più chi meno, con una certa regolarità. Passano altri giorni e qualche settimana e la discussione si ripresenta concludendosi con un “via, chiamiamola questa ditta”. E dopo altre due-tre settimane di caffè regolarmente presi e qualche mal di pancia all’ennesima discussione davanti al distributore il “collega x” propone “perché non ci compriamo una macchina per l’espresso con le cialde? Ormai costano poco e sono di buona qualità!”. I colleghi sono entusiasti ed approvano all’unanimità la cosa. Uno dei presenti si lascia persino esternare un “Quelli sì che sono caffè! Mica questa brodaglia!”. Tornando nei propri uffici un’ultima frase taglia il nastro per l’inaugurazione di una nuova era nella qualità della pausa caffè: “facciamo una colletta e andiamo a comprarla!” che quasi sfiora degli applausi di approvazione da parte dei presenti.

Dopo una settimana, un messaggio sulla chat del gruppo di lavoro da parte del proponente ricorda della proposta chiedendo chi vuole incaricarsi della raccolta delle quote per comprare la macchinetta per il caffè. Passano quarantotto ore e nessuno risponde. Il collega non riceve nessuna comunicazione in proposito, neanche a livello privato, e comincia a ricordare situazioni analoghe accadute in passato dove, a seguito di un apparente supporto da parte dei colleghi, si è passati alla manifestazione di una totale indifferenza verso richieste e proposte. La delusione c’è e con il passare delle ore aumenta mettendo anche in dubbio giudizi a cui finora si era giunti sulla qualità delle relazioni e sul benessere che si respira in azienda.

E’ il caffè che non interessa? Eppure lo si prende decine di volte in settimana. Sarà forse che a quasi tutti alla fine il caffè del distributore non dispiaccia? Eppure, sono stati altri a lamentarsi dei disturbi alla pancia. Non è che forse non si fidano degli acquisti fatti dal sottoscritto? O cos’altro ancora?

Difficile credere che tutti siano così oberati di lavoro al punto che a nessuno torni in mente il messaggio inviato, nemmeno durante le pause, il ritorno a casa o qualunque altra notifica ricevuta sul telefono cellulare…

(segue seconda parte)

Dr. Mirko De Vita

(Docente e formatore, specialista in Psicologia sociale e cognitiva)


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